....FINO A QUANDO IL SOLE SORGERA' PER BRUCIARE I NOSTRI OCCHI RIVELANDO LA REALTA' DEL MONDO CHE AVETE CREATO PER NOI, NOI BALLEREMO FIERAMENTE CON I NOSTRI FRATELLI E SORELLE, CELEBRANDRO LA NOSTRA VITA, LA NOSTRA CULTURA,E I VALORI IN CUI PIU' CREDIAMO: PACE, AMORE, LIBERTA', TOLLERANZA, UNITA', ARMONIA, ESPRESSIONE, RESPONSABILITA' E RISPETTO. IL NOSTRO NEMICO L'IGNORANZA. LA NOSTRA ARMA L'INFORMAZIONE. IL NOSTRO CRIMINE VIOLARE E SFIDARE QUALSIASI LEGGE CHE VOI SENTITE AVER BISOGNO DI UTILIZZARE PER PORRE FINE ALL'ATTO DI CELEBRARE LA NOSTRA ESISTENZA. MA RICORDATE CHE MENTRE POTETE FERMARE UN QUALSIASI PARTY, IN UNA QUALSIASI NOTTE, IN UNA QUALSIASI CITTA', IN UNA QUALSIASI NAZIONE O CONTINENTE DI QUESTO MAGNIFICO PIANETA, NON RIUSCIRETE MAI A SPEGNERE IL PARTY INTERO. NON AVETE ACCESSO A QUESTO INTERRUTTORE, NON IMPORTA QUELLO CHE PENSATE. LA MUSICA NON SI FERMERA' MAI. IL BATTITO DEL CUORE NON SI FERMERA' MAI. IL PARTY NON FINIRA' MAI. SONO UN RAVER, E QUESTO E' IL MIO MANIFESTO. DA: HTTP://SHOCKRAVER.FREE.FR

venerdì 14 settembre 2007

ALBERTO......


Un articolo può cambiare la vita di un ragazzo.

Un giornalista ha cambiato la vita di un ragazzo.

Una notizia a cui nessun giornalista, in una grande città, avrebbe dedicato più di qualche riga, si è trasformata invece nello scoop, nella grande notizia, che è stata pubblicata su diversi quotidiani.
I fatti: giovedì 5 luglio Alberto Mercuriali viene trovato in possesso di una "modica" quantità di hashish.

Domenica 8 luglio Alberto Mercuriali è finito sulle prime pagine di alcuni quotidiani locali.
Lunedì 8 Luglio Alberto Mercuriali si è ucciso col gas di scarico della propria auto. Ovviamente nessun nome è stato menzionato nell'articolo, ma il giornalista è stato talmente "bravo" e preciso nel riportare alcuni insignificanti dettagli, che la mancanza de nome non è bastata a tener nascosta l'identità del ragazzo.

Un vero e proprio articolo diffamatorio pieno di menzogne che ha dipinto Alberto come un drogato, ma del resto questo trattamento non era del tutto nuovo, tanto è vero che pochi giorni prima, nel corso della "discreta" perquisizione domestica, gli furono fatte promesse di anonimato mai rispettate.
da: www.confinizero.it

STREET RAVE PARARE A BOLOGNA


Ho vistoLa paura


L’ignoranza


L’intolleranza


L’ottusità


Il proibizionismo


La repressione



Ho vistoUn sindaco ossessionato dalla legalità fare scuola a livello nazionale sulle politiche securitarie e del controllo sociale. L’ho visto sempre scortato dai gorilla perché il più insicuro è proprio lui.



Ho visto Bologna morire di una morte neanche troppo lenta ma sicuramente dolorosa. Una città unica diventare improvvisamente banale. Banale come un’altra multa per divieto di sosta, per divieto di transito.



Intollerabile tolleranza zero: vogliamo accessibilità e diciamo basta ai divieti insensati. Perché vogliamo transitare e sostare nelle piazze e nelle strade che sono anche nostre, di quelli che non hanno paura del diverso, anzi sono ansiosi di confrontarsi con le diversità. Di quelli che vengono qui perché vogliono imparare, di quelli che lavorano e lavoreranno in questa città, per questa città. Di quelli senza tessera, di quelli che più sicurezza non vuol dire più polizia, di quelli che son vittime della polizia, per aver trasgredito le regole inique frutto di una politica repressiva fondata sulla paura.



Ancora una volta nelle strade, nelle piazze, sotto i portici, persino sui muri STREET SPACE PARADE! Perché per creare percorsi di vita liberi da logiche consumistiche o elettorali abbiamo bisogno di spazi sociali. Z T L saranno Zone Temporaneamente Liberate dalla paura, dall’ignoranza dall’intolleranza, dall’ottusità, dal proibizionismo attraverso i nostri corpi, i nostri progetti, le nostre passioni. Zone finalmente accessibili alla condivisione, e scusateci se faremo rumore, se il fermento della vita fa rumore!



Autunno è qui comincia adesso…
Open the space
STREET SPACE PARADE 10.1
Bologna, sabato 29 Settembre 2007


da:www.livello57.org

domenica 9 settembre 2007

GENOVA NON DIMENTICA



Il corteo del 20 Luglio: una festa di colori e memoria
Più di un migliaio, ieri, alle celebrazioni in Piazza Alimonda. Slogan, musica ma anche cartelli per ricordare le altre ferite aperte di questo paese. E continuare a chiedere verità e giustizia.
Marco Trotta
21 luglio 2007


Un corteo sereno e colorato, composto e divertito. Così si è presentata, ieri, la "carovana" di un migliaio di persone che nel ricordo delle manifestazioni anti-G8 di 6 anni, è partita alle 16 in punto dallo Stadio Carlini. Destinazione Piazza Alimonda, luogo della memoria che più di ogni altro è diventato il simbolo di quelle giornate e del nome che da allora qualcuno riscrive con un pennarello su ogni targa nuova che il comune fissa al muro: Piazza Carlo Giuliani, ragazzo. Dissolte le polemiche della vigilia. Quelle con il sindacato Coisp della Polizia che voleva fare un convegno dal titolo "L'Estintore come strumento di Pace" (vietato, ma solo per quel giorno). Dissolte anche le tensioni con il solito velinaggio a mezzo stampa di presunti "problemi di ordine pubblico". Haidi Giuliani, distesa e sorridente, poco fuori dal Carlini lo ricorda ad un collega della AGI: "Ho letto quello che avete scritto, ma vi sembra un corteo che possa creare problemi di ordine pubblico?". Replica: "Ma l'ha detto il braccio destro di Fini". Appunto. E intanto ci si conta: 500 almeno. Davanti un piccolo camion messo a disposizione dai portuali. Sopra suoneranno per tutto il tempo un paio di musicisti. Canzoni di lotta, certo, ma anche spazio all'ironia. Come quella di Guido Foddis, cantautore da Ferrara, che ci mette del suo per animare un corteo che è partito quasi in silenzio. Ogni tanto qualcuno intorna "Carlo è vivo e lotta insieme a noi". C'è anche spazio per un "Genova Libera", ma sembra prevalere il bisogno di parlare con il proprio vicino, girarsi all'indietro, contarsi. C'è chi non si incontra da 6 anni, e gli sguardi dubbiosi si sciolgono in un abbraccio. Chi qui ci viene almeno due volte a settimana, come gli avvocati, o i testimoni e protagonisti delle altre due ferite che non passano: Diaz e Bolzaneto. Come Lorenzo Guadagnucci che sfila affianco all'inseparabile Arnaldo Cestaro. Il primo con addosso una specie di lenzuolo verde con su scritto "Roberto Francesci", il secondo la bandiera No Dal Molin. E' l'altra novità del corteo di quest'anno. I simboli della memoria presente a passata. Ci sono le bandiere dei comitati di Vicenza, ma anche una No Tav, in fondo al corteo uno striscione di Emergency, poco più avanti quello delle Madri di Plaza De Mayo. E poi tanti pezzi di lenzuolo di colori diversi portati a mano da uno o più manifestanti. Ognuno a ricordare un momento diverso della storia di questo paese. Altre ferite aperte. E così poco dietro il camion "Freccia del Sud 22/7/70", "Piazza Fontana 12/12/69", "Portella della Ginestra 01/05/47". E ancora "Francesco Lorusso", "Pinelli" ma anche "Dax" e "Federico Aldrovandri". Un pezzo di memoria che il Network "Reti-Invisibili" nato da una idea di Haidi, prova a mantenere vivo ogni giorno e il corteo porta con sé, sfilando tra vecchi militanti e giovanissimi (molti, forse la metà) che probabilmente non c'erano neanche sei anni fa e partecipano come se fosse una festa. Perché è una festa. Scherza Foddis, a metà di via Tolemaide: "Alzi la mano chi è del partito democratico". Fischi e risate. Un boato quando chiede di farsi sentire ai "comunisti". Poco più in là sfila la sinistra politica. Ci sono Gennaro Migliore, capogruppo del PRC alla Camera e l'ex senatore Malabarba, Sinistra Critica. C'è Marco Ferrando con il Partico Comunista dei Lavoratori e qualche bandiera dei Comunisti Italiani. E poi i portavoce del Genova Social Forum di allora: Raffaella Bollini dell'Arci, Vittorio Agnoletto ora eurodeputato PRC, Luciano Mulbauer, consigliere PRC Lombadia, Marco Bersani, Attac. Giuliano Giuliani è sempre davanti. Fa "piano piano" con le braccia al camion "non vorremo arrivare troppo presto?"Verso le 17 il corteo infila Via Caffa, ingrossato a chiassoso. Qualche genovese si affaccia alla finestra per salutare. Fa caldo, ma si resiste. In piazza Alimonda ci sono altri manifestanti. Sotto gli alberi, vicino al chiosco di giornali si vende il DVD "OP - Genova 2001" il nuovo video preparato insieme agli avvocati del Legal Forum con le immagini e le ragioni che sono state portate nei tribunali in questi sei anni. Poco più in là la cancellata della Chiesta che questa mattina era spoglia, come ogni giorno da quando chi la gestisce ha deciso di non tollerare più fiori e biglietti che da sempre si lasciano per ricordare Carlo, torna ad essere un luogo della memoria. Vengono attaccati alcuni lenzuoli colorati, altri fiori, qualche nastro e altre dediche "Non si spegne il sole se gli spari contro" firmato Emi. Sulla scalinata i centri sociali del Global Network che aspettavano in piazza appendono uno striscione "Governo Prodi Vergogna. De Gennaro Macellaio". C'è anche la Comunità San Benedetto al Porto di Don Gallo con una gigantografia del corteo del 20 luglio di 6 anni fa e la scritta "Quello che siamo. Con Carlo nel cuore". Intanto il camion si è fermato e sale sul palco Peppino Coscione, maestro di Carlo e anima del comitato che, come ogni anno, organizza le giornate di Genova. "Siamo qui in ricordo di Carlo ma anche per chiedere il rispetto della Costituzione. Per chiedere Verità e Giustizia". Poi altra musica. "La Casa del Vento", che non manca mai, esegue qualche pezzo. Poi si appella quegli artisti italiani, magari più famosi, che a Genova non ci sono mai venuti "Li invitiamo a venire a vedere, e magari con la loro arte a coinvolgere altre persone in queste manifestazioni". Intanto si avvicinano le 17.25, l'ora dello sparo di 6 anni fa, c'è Cisco sul palco, la musica che scorre e quasi ci si scorda del minuto di silenzio. Serve qualche cenno dalla platea, i le voci e gli strumenti tacciono per qualche secondo. Ma passa davvvero pochissimo prima che Haidi salga sul camion prendendo il microfono: "Non dobbiamo tacere ma gridare per i troppi che non hanno avuto giustizia, come Carlo. I loro nomi li abbiamo portati in corteo con noi. Sono i morti delle stragi, ma anche Federico Aldrovandi e Renato Biagetti, tutti ragazzi che non hanno avuto giustizia, il nome dei responsabili e dei mandanti della loro morte. Sono troppi eppure non possiamo più sopportare altre bugie e altri depistaggi. Perché non vogliamo altri ragazzi morti come loro. Noi donne quando partoriamo un figlio non lo facciamo per la guerra o la violenza fascista, ma perché abbia diritto alla felicità. Si può, in questo mondo, se riusciamo a dire tutti insieme 'ora basta' a chi vuole diventare più ricco e potente". La piazza, ormai più un migliaio, la interrompe spesso con applausi. Ma quello più lungo continua dopo, quando scende, e continua il ricordo. Qualcuno la abbraccia, visi con gli occhi lucidi. Ci si stringe un po' nello spazio in ombra della piazza, un po' per scappare dal sole, un po' per cercare conforto nella presenza degli altri. "Siamo più dell'anno scorso, e poi questa è una festa". Altra musica dal camionIntorno alle 18 si stacca un corteo dalla Piazza. Duecento persone seguono il camion del centro sociale Buridda dietro lo scriscione "DE GENNARO ha AMATO i MANGANELLI. Via Tolemaide: noi non dimentichiamo". Francesco Caruso annuncia dal microfono un sit in di fronte alla questura. Ci si arriva poco dopo lungo Viale Bisagno. Dagli altoparlanti escono le registrazioni delle telefonate alla questura nei giorni di Genova, quelle passate agli atti dei processi dove i manifestanti sono "zecche" e la morte di Giuliani "1 a 0 per noi". E di nuovo Caruso a spiegare ai microfoni: "Chiediamo un po' di pazienza agli automobilisti se stiamo bloccando il traffico per qualche minuto. Ma lo facciamo per ricordare come fu bloccata la città 6 anni, quella con la quale non abbiamo mai smesso di dialogare per raccontare chi furono i veri violenti allora e perché rivendicavamo il nostro diritto al dissenso". Altri interventi. Italo Di Sabato, Osservatorio Prc sulla repressione "Il movimento non è stato ucciso a Genova. E' vissuto nelle vertenze dei territori: Val di Susa, Vicenza, Napoli. I troppi compagni morti in questo paese vivono anche in queste lotte. Troppo spesso, invece, la polizia difende gli attentati fascisti che stanno aumentando in tutta Italia, come poco tempo fa a Villa Ada". E Ancora altri interventi "Siamo il movimento che rimette in moto la politica. La sinistra diffusa che rivendica il diritto dei cittadini ad una vita migliore, più dignitosa". C'è ancora il tempo per uan breve trattativa prima di mettere lo striscione di fronte alla questura. Qualche foto e poi si torna in Piazza Alimonda. Il resto della piazza applaude. Giuliano Giuliani annuncia che tra un po' ci sarà una cena "per tutti i manifestanti al Carlini", poi proiezioni, dibattiti e il torneo di calcetto del giorno dopo. "Quello dello sport che ci piace, fatto senza soldi" e con un po' di fantasia nei nomi delle squadre: Atletico Diaz e i tigrotti di Bolzaneto. Perché Genova non dimentica e questa continua ad essere una festa.
Archivio
2001 - 2004

Da :http://ww2.carta,org

sabato 8 settembre 2007

venerdì 7 settembre 2007

Pinerolo Teknival 07 take a walk in the teknival!

TEKNIVAL PINEROLO


CRONACA

Nei_giorni compresi tra venerdi 10 agosto e giovedi 16 agosto si è svolto a Baudenasca, nei pressi di Pinerolo, il Téknival 2007. Il luogo scelto dai raver è stato l’ex ballatoio della caserma Nizza Cavalleria.Per Téknival si intende un rave party di enormi dimensioni, al quale prendono parte molte delle “tribe” più importanti del panorama musicale underground.Come da prassi, il luogo della kermesse è stato reso noto solo all’ultimo momento. I primi giovani sono arrivati sul posto nella notte di venerdì. Sabato sera le presenze erano già dodicimila circa, per toccare una punta stimata di trentamila nella notte di ferragosto. Tra i partecipanti la festa, la metà circa erano italiani; tra gli stranieri, netta predominanza francese e una discreta presenza di tedeschi, spagnoli, olandesi e cechi.La festa, nonostante l’assenza di servizi e regole, e l’afflusso senza precedenti, si è svolta nella massima armonia: non si è segnalato alcun incidente, nessun episodio violento e nessuna emergenza sanitaria. Solo una ventina gli arrestati, per lo più per possesso di stupefacenti.Nonostante l’isteria mediatica che ha accompagnato l’evento, la popolazione del luogo ha accettato la cosa alternando curiosità e fastidio, stupore e tolleranza; qualche politico di destra ha gridato all’allarme ma è stato smentito dai fatti, mentre il sindaco di Pinerolo, pur mostrando di non gradire la cosa, si è mostrato persona responsabile fornendo autobotti e bagni chimici.

STORIA

Non è questa la sede per discutere la storia dei free party (ci vorrebbe un articolo intero, e molte questioni rimarrebbero comunque aperte): basti sapere che la faccenda comincia una decina di anni fa, che le soundsystem le inventarono i giamaicani, mentre la tekno moderna nasce a Detroit, che il movimento rave era stato dato per morto già da quattro-cinque anni e che il teknival dello scorso agosto aveva avuto luogo nel pavese. Per approfondimenti vi rimandiamo ai seguenti link.
http://en.wikipedia.org/wiki/Teknival
http://en.wikipedia.org/wiki/Free_tekno
http://shockraver.free.fr/home.htm
http://en.wikipedia.org/wiki/Spiral_Tribe


GEOGRAFIA

La location scelta non è certo un paradiso: si tratta della zona attigua alla caserma Nizza Cavalleria, una spianata da esercitazioni che alterna prati brulli, boschetti ad acacie e l’argine di un fiume. Da un lato cade subito l’immagine di violatori della natura incontaminata affibbiata ai raver da parte di alcuni organi di stampa, dall’altro appare innegabile che il costo della ripulitura non sarà irrisorio, e sarà sostenuto dalla collettività.Il luogo era già stato teatro di un teknival, seppur di dimensioni minori, nel 2005. Pinerolo città dista qualche chilometro. La popolazione si mostra molto meno incattivita di quanto la dipingano i giornali. Notiamo anzi una certa curiosità: non solo i negozianti e i passanti chiedono, si interessano, esprimono dubbi e perplessità, ma molti vanno a constatare di persona cosa stia accadendo. Un paio di baristi spiccano per la loro attitudine “pro-rave,” sicuramente c’entra il volume di affari moltiplicato, ma un ruolo ce l’ha anche lo scoprire che il teknuso non è il vandalo assetato di sangue di cui parlano i giornali ma (solitamente) una persona piuttosto allegra e gentile. Carabinieri, polizia e finanza controllano a distanza, dedicandosi per lo più alla perquisizione delle auto.


URBANISTICA

La prima cosa che colpisce del teknival 2007 sono le dimensioni (nella foto non se ne vede che una parte). Proprio mentre si discute da tempo della fine del movimento, il movimento dà vita alla sua festa più grande. Il baccanale si estende per qualche chilometro, con vari punti-chiave. Sostanzialmente si tratta di una vera e propria città artificiale: il progressivo piazzamento di bancarelle, furgoni e auto crea le strade; le soundsystem più grosse fungono da piazze, i boschi punteggiati di tende e furgoni sono i sobborghi. Alcune soundsystem, come quella degli Hazard Unitz, colpiscono per potenza e grandezza: a vedere questi muri di casse alti quattro o cinque metri e lunghi trenta, non possono non venire in mente le economie di scala, spostate dall’industria manifatturiera alla tekno.

ECONOMIA


Ogni città ha una sua economia. Quella del teknival è una microeconomia, che ricorda da vicino i suq delle città nordafricane. Ovunque spuntano banchetti che vendono di tutto, dalla bottiglia d’acqua ai monili, dal cous-cous alle sostanze stupefacenti. Alcuni offrono un singolo prodotto, come il banchetto della frutta, altri cambiano businness con l’evolversi della festa: Marianna, trentadue anni, da Perugia, alle 19:30 vende hamburger; venderà speed alle 23:00 e caffè e buondì alle 8:00. C’è pure un tipo che vende una moto. Colpisce vedere banchetti che espongono cartelloni con listini del tipo “Speed: 10 EU - MDMA(capsule): 10 EU - Ketamina: 35 EU,” e non tanto perchè non siamo soliti vedere sostanze illegali vendute come zucchine al mercato, ma anche per i prezzi popolari a cui vengono vendute. Non c’è grande speculazione nello spaccio, al teknival: basta osservare la perizia con cui il tipo della ketamina prepara le buste, mostrando preciso ad ogni cliente il peso della tara, per capire che il suo atteggiamento è quello di chi sta svolgendo un servizio. Liz, ventiquattro anni, belga, vende cristalli di MDMA: mezzo grammo, 30 euro. “Quanto ci guadagni?” “Poco, mi rifaccio le spese del viaggio e qualche extra.”C’è spazio per un po’ di imprenditoria, sia reale (Renée, francese, vende abiti di sua creazione; Sara e Teo, romani, stupendi braccialetti d’acciaio forgiati in casa) che ironica (un tipo ha inventato il “turbonose,” una specie di aspirapolvere in miniatura: “il regalo perfetto per chi pippa troppa speed,” ci spiega).

"POLITICA"


E’chiaro che una manifestazione sudicia e chiassosa in cui si consumano sostanze illegali e in cui sostanzialmente ognuno fa quel che gli pare (anche giocare impunemente a Street Fighter II, come documenta questa drammatica immagine) non sia troppo gradita dalle istituzioni. E’ anche vero, però, che il fatto che un motore a sostanze chimiche da decine di migliaia di persone giri per sei giorni senza alcun incidente, dovrebbe quantomeno portare a riconsiderare l’effettiva dannosità di alcune di tali sostanze (Lancet lo ha fatto, i giornali italiani pare di no). Quella delle droghe pare comunque una facile scappatoia per criticare: del resto un po’ tutti si sono ormai resi conto che nella società contemporanea le droghe sono ovunque, e qui è solo più visibile che allo stadio, in discoteca o in parlamento. Alcuni tra i critici della manifestazione se ne rendono conto e preferiscono puntare il dito sulla sporcizia (Innegabile. Ma indignarsi per qualche sacco di spazzatura in un campo quando tutte le città italiane sforano il limite di PM10 diventando di fatto conche cancerogene non appare quantomeno grottesco?) o sull’assenza di misure di sicurezza (questa, pure, è vera, ma una misura di sicurezza c’era: il rispetto. Al teknival se qualcuno anche solo ti sfiora, è subito tutto uno scusarsi, un darsi la mano, un offrire un sorso d’acqua o un tiro di sigaretta o di canna. Rispetto reciproco: ecco qualcosa di veramente sovversivo).Se le critiche da destra non stupiscono, danno più da pensare quelle da sinistra. Il rave non è sgradito solo a quella sinistra che, per necessità di governo e logiche di potere, diventa molto simile alla destra (specie nel mostrarsi legalista coi deboli e garantista coi potenti): anche quella sinistra cosiddetta “radicale,” in teoria vicina a qualunque movimentismo, dura fatica a capire questa storia dei rave. A pensarci bene, però, è piuttosto ovvio: il marxista - o il postmarxista - non è in grado di spiegarsi un movimento che rifiuta aprioristicamente una logica di cambiamento: l’utopia tekno è “qui e ora” e non ha pretese di cambiamento del sistema che rifiuta. La festa è qui, e quando finisce, tutti a casa. La tekno crea la sua area di utopia, non cerca proseliti, non vuole la rivoluzione: la sua rivoluzione c’è già, e dura una notte (o sei). Aggiungiamoci che il movimento tekno rifiuta violentemente un’etica del lavoro ancora ben radicata nell’estrema sinistra, e la frittata è fatta: è evidente che dal punto di vista di chi ha una formazione marxista questo non può essere un movimento “politico.” Eppure lo è: il teknival pur non volendolo essere è una manifestazione antiproibizionista, e una dimostrazione di democrazia diretta (o di pirateria sociale, a seconda dei punti di vista), dal momento che grazie alla volontà di una massa di persone, vengono fissate temporaneamente nuove leggi alla faccia del “sistema.”Volendo dare etichette, il movimento tekno è senz’altro collocabile nell’area dell’anarchismo, ma è un anarchismo per nulla incazzato, mistico senza essere misticheggiante, individualista e collettivo insieme, edonista e sensuale ma non sessuale (non si può non notare la generale monogamia del teknuso). I testi filosofici che più si avvicinano alla weltanschauung del movimento tekno sono Walden di Thoreau e T.A.Z. di Hakim Bey, ma voler trovare un collegamento diretto sarebbe una forzatura. Dice Marek, 24 anni, operaio, madre italiana e padre serbo: “Quello che ci interessa è fare baldoria, creare almeno per una sera un’alternativa alla pappa pronta e velenosa che ci vogliono imporre. Ho preso due giorni di ferie per venire qua da Vienna, dove lavoro. Le droghe? I bar di tutta Europa spacciano ogni giorno una droga pesante che da sola fa mille volte più morti di tutte le droghe chimiche messe insieme.”


CHIMICA


Il teknival non esisterebbe senza droghe. Stimolanti e allucinogeni sono il nocciolo della questione almeno quanto la musica. Spiega Erik, da Grenoble: “Il legame tra sostanze e movimento tekno non è casuale. Non dico che non si possa apprezzare la nostra musica senza certe sostanze, ma è innegabile che tra MDMA, speed, e musica tekno c’è una sinergia profonda, che è fin troppo ovvia a chi ha provato e che rimarrà ignota a chi non lo ha fatto.”Le droghe intorno a cui gira il teknival sono fondamentalmente quattro (anche se non mancano oppio e coca, sono meno definitorie): mdma, lsd, speed e ketamina. I ruoli di ciascuna sono piuttosto definiti: l’mdma è la droga per ballare per eccellenza: la sua diffusione che accompagna la nascita del movimento, e il suo effetto empatogeno contribuisce a creare il clima da fratellanza universale tipico del free party. L’lsd potenzia gli aspetti mistici (già il suo creatore, Albert Hofmann, spiegava che l’lsd riproduce le sensazioni ottenibili dopo un ventennio di pratica intensiva di meditazione trascendentale), la speed non è che carburante: metanfetamine per stare svegli, sopportare la fatica e ballare a oltranza, anche quando l’mdma, che dura solo cinque-sei ore, cala. La ketamina, un anestetico veterinario riscoperto dal popolo dei rave (dopo John Lily) dissocia e crea nuove significanze (per alcuni, come Margherita, ventisei anni, ricercatrice bolognese, “sostituisce l’lsd: mi dà quella profondità mistica che cerco nell’esperienza senza farmi star fuori per otto ore,” per altri, come Elena, diciannove anni, dalla Val di Pesa, “è il succo di tutta l’esperienza: trasforma il ballo in un’esperienza trascendente, spazializza la percezione del proprio corpo, e al tempo stesso fonde la mente con l’ambiente circostante”.) Tutti si mostrano piuttosto competenti e consapevoli riguardo milligrammi, controindicazioni, interazioni ed effetti.Le canne non sono che un ovvio intercalare, neanche si notano. Si nota invece l’assenza di alcool (unica eccezione, l’assenzio che un anziano nomade molto poco tekno ci offre da un bottiglione d’argento), che si presenta solo sotto forma di birre fresche, di solito accompagnate da frutta e panini: “cerchiamo sensazioni,” spiega Rex, scozzese ventiquattrenne, “sarebbe assurdo assumere una sostanza come l’alcol, che le riduce e le ottunde”. Per ogni utente consapevole come Rex c’è anche un Pierre: “non sto troppo a calcolare cosa prendere, sono qui per sfasciarmi, haha.” La tendenza è il cocktail, ma ci sono anche i puristi: Matteo, ventotto anni, impiegato a Trento, assume solo LSD: “cerco un’esperienza innanzitutto estetica.”


ESTETICA


L’esperienza estetica, va detto, c’è anche senza allucinogeni. Se si riesce a guardare oltre gli aspetti più superficiali (la polvere, i cani, i cumuli di sacchi di spazzatura, la gente addormentata per terra), il teknival ha una caratterizzazione estetica molto forte. A modo suo ha classe, pochi discorsi. Sta tra Mad Max e Ken il guerriero, tra il cyberpunk e l’hippy, tra il primitivo e l’iperurbano. Quello che esce dalle sound (a onor di cronaca si ricorda che a Pinerolo abbiamo sentito diversa robaccia ma anche molta musica elettronica di qualità eccezionale) è figlio tanto dei tamburi voodoo quanto dell’inesorabile filiera produttiva fordista. Anche la gente contribuisce all’effetto complessivo: se la direttiva principale è “fai come ti pare” (e infatti si va dallo splendore di una cybervenere al peggio tamarro in canotta), spicca una notevole personalizzazione individuale pur all’interno “direttive estetiche di movimento,” e complessivamente bisogna ammettere che, no, il popolo del teknival non è cattivo, sporco e brutto: è bello. Naike, ventitré anni, “studentessa in vacanza perenne,” parigina, ammette candidamente di “dedicare molto tempo alla cura del proprio aspetto fisico.” Oggi l’estetica rave stupisce meno che dieci anni fa, ma ha saputo rinnovarsi ed evolversi, rimanendo bella.Ed ecco la questione chiave.La questione chiave, quello che i giornalisti non vi hanno detto, probabilmente solo perché se ne erano andati prima, è che quello che alcuni hanno definito “mefitico catino” (e lo è), di notte, quando le decine di soundsystem iniziano a sparare al massimo e le luci stroboscopiche si fanno lame nel buio, quando ogni singolo DJ cerca di dare il meglio di sé e tutti i ragazzi escono dalle tende, dalle auto, dagli accampamenti raffazzonati e dal bosco per piazzarsi sottocassa, e tutto prende a battere all’unisono, il teknival diventa uno spettacolo di una bellezza straziante.


FILOSOFIA


Non è affatto scontato provare a spiegare il perché e il percome di un evento del genere. C’è chi ha trovato un parallelo tra i battiti delle sound e quello del cuore di una madre, spiegando il rave come un ritorno al ventre/all’infanzia. C’è chi ha voluto vedere nell’uso puramente edonistico della tecnologia una critica al sistema industriale/capitalistico. C’è chi ci vede piuttosto un rifiuto del divertimento massificato e mercificato, e chi una ricerca del delirio ad ogni costo. C’è chi ha provato a stilare un manifesto (interessante, ma certo non esaustivo) e chi un decalogo (troppo funzionalista per essere chiarificatore: “5. parcheggia bene…”). Sicuramente ci sono tutti questi elementi, ma la questione mistico-rituale è (almeno inconsciamente) dominante. Consideriamo i seguenti elementi:- l’impianto scenografico-rituale (cos’altro aspettarsi da francesi e italiani?), con officiante, fedeli in linee orizzontali, luce dall’abside e transubstanziazione (in questo caso psichedelica) al centro dell’arco temporale, ricalca pari pari quello di una messa (e il profilo di una soundsystem quello di una cattedrale gotica, o di un organo),- l’idea del raduno notturno, che di fatto celebra il mistero della notte per arrivare al trionfo del mattino, è una costante in gran parte delle religioni pagane.- i battiti ritmati (ce lo insegna il voodoo) e la trance da essi indotta sono da tempo immemore mezzi per avvicinarsi al divino.- le sostanze psichedeliche (questo ce lo insegnano tanto i misteri eleusini greci quanto lo sciamanesimo messicano) sono la porta per comunicare col mondo della trascendenza.- i grandi raduni amplificano la suggestione e aiutano a lasciare l’individualità terrena in favore di una collettività spiritualizzata.- attraverso la condivisione di un momento rituale si cerca una purificazione interiore (in questo caso dalle imposizioni e dai valori della società dei consumi) e una ridefinizione del sé.La differenza sostanziale è che il rito non è più un mezzo ma si sovrappone allo scopo: tutto è declinato al presente. L’era dell’acquario dei figli dei fiori si è accoppiata col “no future” dei punk, ed ecco il risultato.Oppure la soluzione è più semplice, più alla portata. Dice Dino, settantadue anni, avventore di uno dei bar di Pinerolo più vicini alla curva per Baudenasca: “Se vengono a migliaia fino quassù - oh - vorrà dire che i divertimenti che hanno a casa loro non gli piacciono più.”
X-SociologiaUn dato oggettivo, infine, ci colpisce. Ce lo mostra Tania, ventotto anni, cagliaritana, dottoressa in storia da un anno, alle feste da dieci: “Dite quello che volete, ma questo qua è l’unico movimento giovanile genuino prodotto dagli anni ‘90 e 2000. Non siamo nostalgici di qualche decennio passato: siamo contemporanei.”
Nota a margine: se dalla stampa ufficiale abbiamo visto soprattutto ipocrisia e luoghi comuni, non possiamo non segnalare (grazie a
PineroloMolesta) tre esempi di giornalismo non allineato (il modo moderno per dire “di buon senso.”)


from:www.slipperypond.co.uk

mercoledì 5 settembre 2007

NN SOPPORTIAMO LA TORTURA

La tortura nel mondo: un deliberato attacco alla dignità umana La tortura è un fenomeno semi-clandestino: fino a quando non viene inchiodato dalle “immagini”, nessun governo ammette che nel suo paese sia praticata la tortura. Del resto nessuna legge, nazionale o internazionale, la permette o giustifica. La tortura è una violazione dei diritti umani vietata, dunque, ma non impedita.In 132 paesi del mondo si tortura per estorcere confessioni, punire reali o presunti colpevoli di reati, imporre disciplina o supremazia psicologica, seminare il terrore.

La tortura è, dal punto di vista chi la usa, un metodo estremamente efficace: anche quando non uccide, incute paura e annichilisce. Il suo obiettivo ultimo non è la morte della vittima ma il suo annientamento come essere umano, l’annullamento della sua personalità, dignità, individualità. Non a caso, le conseguenze psicologiche e sociali della tortura sono ben più profonde e difficili da cancellare di quelle fisiche.La tortura esiste perché fa parte di un vero e proprio “sistema”, fatto di azioni (l’ordine di torturare, la “formazione” del torturatore, l’atto della tortura, la supervisione da parte di un medico) e di omissioni (la negazione delle responsabilità, le mancate indagini, l’assenza di punizioni) e reso possibile da una parola-chiave: impunità, ovvero quel meccanismo per cui i responsabili della tortura non vengono puniti e le vittime della tortura non ottengono giustizia.

Dal 2000 Amnesty International porta avanti una campagna mondiale contro la tortura, per portare alla luce, denunciare e fermare questa terribile violazione dei diritti umani; ripetendo ancora una volta: “Non sopportiamo la tortura!”.

dal sito www.amnesty.it

NO ALLA PENA DI MORTE


Amnesty International si oppone incondizionatamente alla pena di morte, ritenendola una punizione crudele, inumana e degradante ormai superata, abolita de jure (per legge) o de facto (per prassi) da più della metà dei paesi nel mondo. La pena capitale è una violazione dei diritti umani fondamentali, che non può offrire alcun contributo costruttivo agli sforzi della società nella lotta contro il crimine violento ed è priva di effetto deterrente. La pena di morte viola il diritto alla vita, è irrevocabile e può essere inflitta a innocenti.

Nel 1977, quando Amnesty International partecipò alla Conferenza Internazionale sulla pena di morte a Stoccolma, i paesi abolizionisti erano appena 16. Oggi, questo numero ha superato quello dei mantenitori.

La tendenza mondiale verso l’abolizione della pena di morte ha conosciuto negli anni ’90 una decisa accelerazione sostenuta dai principali organismi internazionali. A partire dal 1997, la Commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani approva annualmente una risoluzione sulla pena di morte sollecitando tutti gli Stati che ancora la prevedono, a istituire una moratoria sulle esecuzioni, in vista della successiva abolizione. Nel 1994 il Consiglio d’Europa ha stabilito che, per i paesi in cui ancora vige la pena di morte, condizione necessaria per divenire uno Stato membro sia l’istituzione di una moratoria sulle esecuzioni, che preceda una futura abolizione.

Come organizzazione dedicata alla protezione e alla promozione dei diritti umani, Amnesty International si adopera da sempre, attraverso una campagna permanente, per la fine delle esecuzioni e l’abolizione di tale pratica nel mondo. Le attività di Amnesty International a riguardo sono svolte a prescindere dal reato, o dal comportamento sanzionato come reato, e indipendentemente dalla presenza o assenza dell'attenzione momentanea dei media e/o del pubblico sui singoli casi. Le azioni possono riguardare un singolo paese, paesi facenti parte di una determinata area geografica o tematiche particolari che coinvolgono più paesi, come, ad esempio, la pena di morte per i minorenni. Nei paesi mantenitori, Amnesty International svolge un lavoro di pressione sulle autorità e su media locali e internazionali, con lo scopo di sollevare preoccupazione sull'intero processo che riguarda la pena capitale o su casi di singoli condannati a morte. Un altro esempio può essere rappresentato da azioni su paesi abolizionisti al fine di far firmare e/o ratificare i protocolli internazionali che condannano la pena capitale.


Amnesty International è membro della Coalizione Mondiale contro la pena di morte (World Coalition against the death penalty).


Il progresso verso l’abolizione della pena di morte nel mondo


Dal 1990 sono più di 45 i paesi che hanno abolito la pena di morte per tutti i crimini. In Africa, con la Costa d’Avorio e la Liberia, nel continente americano, con il Canada, il Messico e il Paraguay. In Asia e nel Pacifico, con il Bhutan, le Filippine e Samoa. In Europa e nel Caucaso del Sud, con l’Armenia, la Bosnia-Herzegovina, Cipro, la Serbia, il Montenegro e la Turchia.


Reintroduzione della pena capitale


Una volta abolita, la pena di morte è raramente reintrodotta. Dal 1985, più di 55 paesi hanno abolito la pena di morte nella legge. Oppure, avendola abolita in precedenza solo per i crimini ordinari, hanno provveduto ad eliminarla per tutti i crimini. Durante lo stesso periodo, soltanto quattro paesi abolizionisti hanno reintrodotto la pena capitale: il Nepal e le Filippine (che l’hanno poi nuovamente abolita), il Gambia e la Nuova Guinea (dove non sono state registrate esecuzioni).


L’applicazione della pena di morte nei confronti di imputati minorenni


I trattati internazionali sui diritti umani proibiscono l’applicazione della pena di morte nei confronti di imputati minorenni, ovvero coloro che avevano meno di 18 anni al momento del reato. Sia il Patto internazionale sui diritti civili e politici, che la Convezione americana sui diritti umani, che la Convenzione sui diritti dell’infanzia proibiscono tale pratica.




L'argomento della deterrenza


Diversi studi scientifici hanno dimostrato che non esistono prove certe che la pena capitale sia un deterrente più efficace rispetto ad altre punizioni. L'indagine più recente sulla relazione tra pena capitale e tasso di omicidi, condotta dalle Nazioni Unite nel 1998 e aggiornata nel 2002, conclude che: “…non è prudente accettare l'ipotesi che la pena di morte abbia un effetto deterrente in misura marginalmente più grande che la minaccia e l'applicazione di una presunta punizione minore quale l'ergastolo.” (cfr. Roger Hood, The Death Penalty: A World-wide Perspective, Oxford, Clarendon Press, terza ed. 2002, p. 230)


Effetto dell'abolizione sul tasso di criminalità


Esaminando le relazioni tra i cambiamenti dell’uso della pena capitale e il tasso di criminalità, la stessa indagine nelle Nazioni Unite, citata nel paragrafo della deterrenza, dichiara successivamente che: “Il fatto che tutti gli elementi continuino a puntare nella stessa direzione indica una convincente prova a priori che i paesi non devono temere cambiamenti seri e improvvisi nel tasso di criminalità se riducono la loro fiducia nella pena di morte.” I dati più recenti sul tasso di criminalità nei paesi abolizionisti dimostrano che l'abolizione non ha effetti dannosi. In Canada, ad esempio, il tasso di omicidi per 100.000 persone è sceso dal valore di 3,09 nel 1975, un anno prima dell'abolizione della pena capitale per omicidio, al valore di 2,41 nel 1980 e, da allora, continua a scendere. Nel 2003, 27 anni dopo l'abolizione, il tasso di omicidi era dell'1,73 per 100.000 persone, il 44% in meno rispetto al 1975 e il valore più basso delle ultime tre decadi. Sebbene il tasso sia aumentato a 2,0 nel 2005, resta sempre un terzo più basso dal momento in cui la pena di morte è stata abolita. (cfr. Roger Hood, The Death Penalty: A World-wide Perspective, Oxford, Clarendon Press, terza ed. 2002, p. 214)


Innocenti


Ovunque la pena di morte sia applicata il rischio di mettere a morte persone innocenti non può essere eliminato. Dal 1973 in Usa sono stati rilasciati 123 prigionieri dal braccio della morte dopo che erano emerse nuove prove della loro innocenza. Di questi, sei nel 2004, due nel 2005 e uno nel 2006. Alcuni di questi prigionieri sono arrivati ad un passo dall’esecuzione dopo aver trascorso molti anni nel braccio della morte. In ognuno di questi casi sono emerse caratteristiche simili e ricorrenti: indagini poco accurate da parte della polizia, assistenza legale inadeguata, utilizzo di testimoni non affidabili e di prove o confessioni poco attendibili. Ma non solo, in Usa purtroppo sono diversi i casi di prigionieri messi a morte nonostante l’esistenza di molti dubbi sulla loro colpevolezza. La Florida ha il più alto numero di innocenti condannati a morte e in seguito rilasciati, sono ventidue dal 1973. Nel 2000, l'allora Governatore Ryan dello Stato dell'Illinois, dichiarò una moratoria sulle esecuzioni in seguito alla scarcerazione del tredicesimo prigioniero condannato a morte ingiustamente dal 1977, anno di ripresa delle esecuzioni negli Usa. Durante lo stesso periodo 12 prigionieri furono messi a morte. Nel gennaio del 2003, il Governatore Ryan ha concesso la grazia a quattro condannati a morte e commutato le restanti 167 condanne in ergastolo. Ma il problema della potenziale esecuzione di un innocente non è solo limitato agli Usa. Nel 2006, in Tanzania, è stato rilasciato Hassan Mohamed Mtepeka, condannato a morte nel 2004 per lo stupro e l’omicidio della figliastra. La Corte d’appello ha dichiarato che la sua condanna si fondava in maniera indiscutibile su prove indiziarie che “non ne indicavano con certezza assoluta la colpevolezza”. In Giamaica, Carl McHargh è stato rilasciato dal braccio della morte nel mese di giugno del 2006 dopo essere stato assolto in appello.
DA: www.amnesty.it

martedì 4 settembre 2007

M O D A C R U D E L E


Li chiamano animali “da pelliccia” per il loro manto; ogni anno nel mondo oltre 30 milioni di visoni, ermellini, volpi, zibellini, scoiattoli, lontre, castori e altri animali, vengono uccisi negli allevamenti intensivi o catturati allo stato selvatico con le trappole, in nome di una moda crudele: la pelliccia. Un capo di abbigliamento che nasconde la sofferenza di tanti animali: per confezionare una pelliccia di visone sono necessari fino a 54 animali, per una di volpe 24, per gli ermellini si arriva fino a 200 esemplari. I metodi di uccisione di questi animali sono veramente crudeli: dalla camera a gas alla rottura delle ossa cervicali, dalla corrente elettrica ai colpi sul muso e sulla nuca. Ma anche la loro breve vita negli allevamenti intensivi è fatta soltanto di sofferenza e privazioni: sono richiusi, singolarmente, in gabbie piccolissime con il fondo in rete metallica che lacera loro le zampe, e in inverno, per far sì che il loro pelo diventi più folto, sono tenuti sempre al gelo; allo stesso modo, non disponendo di una copertura, d’estate sono costretti a rimanere sotto il sole, il che li porta molto spesso alla morte per disidratazione. Inoltre, a causa dello stress dovuto all’isolamento forzato in spazi ridottissimi, spesso si verificano fenomeni di aggressività verso i propri simili e di automutilazioni degli arti.


La campagna della LAV


Dal 1992 siamo impegnati in una forte campagna di sensibilizzazione grazie alla quale abbiamo informato milioni di donne sulla crudeltà e sulla violenza nascosta dietro una pelliccia, determinando la crisi del settore della pellicceria, salvando così la vita di oltre 15 milioni di animali. Abbiamo chiesto la chiusura dei 50 allevamenti italiani e la loro riconversione in attività che non prevedano lo sfruttamento degli animali e siamo riusciti ad ottenere una legge che vieterà dal 2008 l’allevamento in gabbia dei visoni. Siamo membri della FUR FREE ALLIANCE , un coordinamento di associazioni finalizzata allo sviluppo di azioni contro le pellicce a livello internazionale, prime fra tutte la Campagna contro le pellicce di cane e gatto. Nonostante i grandi risultati ottenuti, è ancora lungo il cammino per porre fine allo sfruttamento degli animali da pelliccia; per questo sarà sviluppata ulteriormente la campagna informativa verso le donne italiane e saranno realizzate nuove azioni contro l’uccisione degli agnelli Karakull e lo sterminio di milioni di cani e gatti.


Responsabile Campagna Pellicce: Roberto Bennati

lunedì 3 settembre 2007

il mio primo post


come prima cosa mi presento, mi chiamo valentina, ho 30 anni vivo a Bologna ma sono pugliese.

adoro la musica (tekno e d'n'b) e sono una assidua frequentatrice di rave (lavoro permettendo).

ho un sogno e lavoro da 7 anni per poterlo realizzare un giorno: prendere tutto e partire senza una meta, visitando luoghi e fermandosi qui e li'.......magari dove c'è un teknival......

noi i ragazzi dello zoo di berlino

REQUIEM FOR A DREAM: il film

TRAINSPOTTING


PULP FICTION EZECHIELE 25-17